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Cass., 23 novembre 2021, n. 36092

Quando una decisione assunta in esecuzione di un patto parasociale può costituire un contratto a favore di terzi (con un interrogativo riguardo alle delibere degli organi societari)

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36092/2021 pubblicata lo scorso 23 novembre (rel. L. Nazzicone), ha enunciato il seguente principio di diritto: “affinché l’amministratore designato in un patto parasociale acquisti, ai sensi dell’art. 1411 cod. civ., il diritto soggettivo all’espressione del voto in assemblea da parte dei soci sottoscrittori del patto, in favore della sua nomina e di un determinato compenso, in esso decisi, occorre sia accertato l’intento dei soci di attribuire direttamente ed immediatamente al terzo un diritto soggettivo, potendo allora, in tal caso, l’amministratore vantare una pretesa risarcitoria al riguardo, ove ne sussistano tutti gli elementi costitutivi”.

Nel caso concreto, alcuni soci, che avevano sottoscritto un patto parasociale, avevano designato il futuro amministratore stabilendo di votare in assemblea per la sua nomina e decidendo altresì l’entità del compenso. Tema del contendere era la rielezione dell’amministratore dopo la scadenza dei primi tre esercizi: previsto dai firmatari del patto, ma negato dall’assemblea. In conseguenza della mancata rielezione l’amministratore aveva quindi promosso un’azione risarcitoria, sostenendo che la decisione assunta dai soci in esecuzione del patto costituiva un contratto a favore di terzo  che gli avrebbe fatto acquistare il diritto alla rielezione, ai sensi dell’art. 1411 c.c., per effetto della semplice stipulazione (ovvero dell’accordo stipulato dai soci). La Cassazione è consapevole delle “conseguenze rilevantissime” che derivano dal qualificare come contratto a favore di terzo l’accordo assunto dai soci aderenti al patto: il terzo acquista il diritto contro i promittenti per effetto della sola stipulazione e, inoltre, questa non può essere revocata o modificata per volontà di quei soci una volta che il terzo abbia dichiarato (in modo espresso o tacito) di volerne profittare.  E questo significa limitare significativamente la facoltà di modificare gli assetti che i soci hanno voluto regolare con la sottoscrizione del patto. Va detto che probabilmente non è sfuggita alla Suprema Corte la circostanza che la fattispecie del contratto a favore di terzo è suscettibile di spiegare i suoi effetti anche in relazione alle delibere assembleari e degli organi di gestione, con conseguenze di non poco momento. 

Per questo la Corte ha statuito che “occorre accertare con particolare rigore se davvero la volontà dei soci sia tale da rendere le intese tra esse raggiunte realmente riconducibili allo schema legale del contratto a favore di terzo, o se, invece, si tratti piuttosto di convenzioni destinate ad esplicare i loro effetti esclusivamente nei riguardi delle parti”. Bisogna quindi distinguere il caso di quei contratti in cui il vantaggio per il terzo nasca casualmente o indirettamente, per cui egli ha un semplice interesse a godere del vantaggio quale destinatario della prestazione. Perché invece la decisione assunta nell’ambito del patto di sindacato produca anche l’effetto di vincolare gli stipulanti nei confronti del terzo occorre “che sia stato inserito nell’accordo contrattuale fra i soci un ulteriore contenuto negoziale specifico, costituito dalla inequivoca volontà di attribuzione diretta al terzo di un diritto soggettivo perfetto”. Di conseguenza “la sola menzione, nell’accordo fra soci del patto parasociale, del nome, del compenso e della durata della carica di un futuro amministratore (…) non integra il significato di una manifestazione di volontà diretta a conferire efficacia vincolante verso il terzo, tra le parti del patto, al reciproco obbligo di nominarlo, né tantomeno con quelle date modalità e clausole”. 

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